Intervista con Howard Schultz
Leader of Starbucks
di Acquired • 2024-06-04

In un'intervista avvincente con i conduttori di Acquired, Ben Gilbert e David Rosenthal, Howard Schultz, l'artefice dietro il fenomeno globale che è Starbucks, ha svelato i retroscena del tumultuoso ma visionario percorso dell'azienda. Mentre Starbucks affronta sfide recenti come il calo delle vendite nei negozi esistenti e la sindacalizzazione, Schultz ha offerto una rara prospettiva sulle decisioni fondamentali, i rischi audaci e la spinta implacabile che hanno trasformato un piccolo venditore di chicchi di Seattle in un'istituzione iconica e mondiale. È una storia di ambizione, umiltà e la ricerca incessante di una visione che per poco non si è concretizzata.
L'audacia del caffè e della comunità
Il percorso di Howard Schultz verso Starbucks fu tutt'altro che convenzionale. Insoddisfatto di una carriera comoda ma insoddisfacente alla Xerox, dove, notoriamente, ricevette un "tre" nella sua valutazione delle prestazioni, Schultz era spinto da un desiderio innato di qualcosa di più, alimentato dalle insicurezze di un'infanzia trascorsa nei quartieri popolari. Si imbatté in Starbucks nel 1981, una piccola catena di tre negozi che vendevano solo chicchi tostati, e fu immediatamente "sbalordito dall'esperienza, dal romanticismo del caffè, dalla conoscenza". Si unì all'azienda come Responsabile Marketing nel 1982, ma la vera epifania arrivò un anno dopo durante un viaggio a Milano.
In Italia, Schultz fu testimone di una vivace cultura del caffè che descrisse come un passaggio "da un film in bianco e nero e all'improvviso tutto era a colori". Non vide solo caffè, ma comunità – un "terzo luogo" tra casa e lavoro. Tornato a Seattle, dichiarò ai fondatori Jerry Baldwin e Gordon Bowker: "cavolo, quello che stiamo vedendo in Italia è il business in cui Starbucks deve essere". Essi erano fortemente contrari, considerando il "business della ristorazione" al di sotto delle loro aspettative. Imperterrito, Schultz persistette per due anni finché gli fu finalmente permesso di aprire una piccola caffetteria all'interno del sesto negozio Starbucks. Fu un successo immediato, ma i fondatori rimasero scettici, portando Schultz a lasciare e a fondare la sua azienda, Il Giornale, nel 1986. Raccogliere i primi 1,6 milioni di dollari fu un calvario brutale, con 217 su 242 potenziali investitori che dissero di no. In mezzo a questa lotta, il padre di sua moglie incinta Sherry gli disse senza mezzi termini: "qualunque cosa tu stia facendo la rispetto, ma non è un lavoro, è un hobby", un momento di profonda umiliazione che solo rafforzò la convinzione di Schultz, grazie al sostegno incrollabile di Sherry.
Key Learnings:
- Visionary Persistence: L'incrollabile fiducia di Schultz nel concetto di caffetteria italiana, nonostante lo scetticismo interno ed esterno, fu cruciale.
- Customer Experience Over Product: L'attenzione non era solo sul caffè, ma sull'esperienza comunitaria di "terzo luogo" che esso facilitava.
- Resilience Against Rejection: Le sue prime esperienze alla Xerox lo prepararono ai continui "no" durante la raccolta fondi.
Il salvataggio all'ultimo minuto da parte di un gigante
La storia iniziale di Starbucks prese una svolta drammatica quando i fondatori originali, avendo acquisito Peet's Coffee, si ritrovarono in profonde difficoltà finanziarie con un rapporto debito/capitale proprio di 6:1. Jerry Baldwin offrì di vendere Starbucks a Schultz per 3,8 milioni di dollari, dandogli 99 giorni per raccogliere il capitale. Proprio mentre Schultz stava quasi per raggiungere il suo obiettivo, un altro investitore, lo stimato titano di Seattle Sam Strachman, presentò un'offerta interamente in contanti per acquistare Starbucks lui stesso, di fatto escludendo Schultz. Distrutto, Schultz cercò consiglio da un amico avvocato che lo condusse a una delle figure più imponenti di Seattle: Bill Gates Senior.
In un incontro cruciale di cinque minuti, l'imponente Bill Gates Senior si chinò sulla scrivania di Strachman e pronunciò un agghiacciante ultimatum: "Non so cosa stia pianificando, ma qualunque cosa sia, non accadrà... Howard Schultz acquisirà la Starbucks coffee company e non sentirà più parlare di lei." Con ciò, Gates Senior e suo figlio aiutarono Schultz ad assicurare i finanziamenti necessari, permettendo a Il Giornale di acquisire i negozi Starbucks nell'agosto 1987. Sorprendentemente, Bill Gates Senior non parlò mai pubblicamente del suo ruolo, a testimonianza di quella che Schultz definisce una "lezione incredibile sull'umiltà". Questa acquisizione fu anche fondamentale per la filosofia aziendale di Schultz: "nessun debito", un principio profondamente radicato nelle sue esperienze infantili con le difficoltà finanziarie dei suoi genitori.
Key Changes:
- From Supplier to Acquirer: Il Giornale, la startup di Schultz, acquisì la sua ex casa madre, alterando fondamentalmente il suo destino.
- Debt-Free Philosophy: Schultz instillò una rigorosa politica di assenza di debiti, in netto contrasto con le difficoltà finanziarie della Starbucks originale.
- Strategic Intervention: Un intervento critico, quasi cinematografico, salvò l'affare e assicurò che la visione di Schultz potesse procedere.
Creare il "Brand Esperienziale su Scala"
Con Starbucks ora sotto la sua guida, Schultz iniziò rapidamente a trasformare l'attività incentrata sui chicchi nella caffetteria del "terzo luogo" che aveva immaginato. Il modello economico fu immediatamente chiaro: la capacità di reperire, tostare e poi servire caffè arabica di alta qualità come bevanda offriva un impressionante margine lordo dell'80%. Questa attività ad alto margine e ad alta frequenza fu "un successo straordinario", permettendo ai nuovi negozi di diventare redditizi entro 1,5-2 anni, un modello di cui Wall Street si sarebbe poi meravigliata.
Starbucks, sotto Schultz, divenne la prima a commercializzare su larga scala concetti come il caffè latte e l'espresso in America, anche se non riuscirono a registrare il marchio "cafe latte". L'innovazione si estese a dettagli apparentemente piccoli come la tazza e il coperchio – Schultz ricorda l'orrore di vedere il caffè caldo degradare il polistirolo, spingendo la ricerca di un bicchiere di carta superiore e compatibile e l'iconico "coperchio per sorseggiare", un'occasione persa di cui ora si rammarica di non aver ottenuto l'esclusiva. Le dimensioni uniche (Short, Tall, Grande, Venti) e il semplice atto dei Baristi di scrivere i nomi sui bicchieri – una soluzione organica alle code affollate – consolidarono ulteriormente l'identità unica del marchio. "Starbucks è diventato il primo brand esperienziale su larga scala", spiega Schultz, notando che il bicchiere onnipresente, senza alcun budget di marketing formale, è diventato un "marchio d'onore" e un potente cartellone pubblicitario gratuito.
Key Practices:
- Leverage High Gross Margins: Il modello delle bevande offriva una redditività superiore rispetto alle vendite di chicchi.
- Organic Customer-Driven Innovation: La personalizzazione e persino la pratica di scrivere il "nome sulla tazza" si sono evolute dalle esigenze di clienti e dipendenti.
- Brand as Experience: Ogni elemento, dal linguaggio delle dimensioni al bicchiere fisico, ha contribuito a un'esperienza cliente unica e di cui essere fieri.
Ambizione illimitata: costruire l'America's Coffee House
In una potente riunione di azionisti e dipendenti del 1988, Schultz, allora alla guida di appena 11 negozi, svelò la sua visione audace. Disse ai presenti: "Siamo all'inizio di qualcosa che cambierà... l'America's Coffee House." I suoi obiettivi erano ambiziosi: trasformare Starbucks da sei negozi costruiti in 17 anni a 26 in un anno, e oltre cento in cinque. Questo ritmo di crescita accelerato, raddoppiando i negozi anno dopo anno, era spinto dalla consapevolezza che se Starbucks non avesse colto l'opportunità, un concorrente regionale, magari in franchising, lo avrebbe fatto.
L'espansione non fu priva di intoppi; il primo ingresso a Chicago, il primo mercato di Starbucks al di fuori del Pacific Northwest, ebbe difficoltà. Tuttavia, questa sfida portò al coinvolgimento cruciale di Howard Behar, che "ricalibrò gli errori che stavamo commettendo", insieme a Orin Smith, formando quella che molti chiamano l'"era H2O" – la visione di Schultz, la leadership culturale di Behar e la disciplina operativa di Smith. Insieme, affrontarono la solitudine dell'imprenditoria e costruirono la struttura per il gigante globale che Starbucks sarebbe diventata.
Key Insights:
- Unwavering Ambition: La fiducia incrollabile di Schultz nel potenziale di Starbucks era evidente fin dai primi giorni, spingendo per una crescita rapida e trasformativa.
- Strategic Expansion: La crescita rapida non riguardava solo l'opportunità, ma anche l'anticipare potenziali concorrenti.
- Complementary Leadership: Il triumvirato "H2O" ha dimostrato il potere di diverse competenze di leadership nello scalare un'azienda.
La storia di Howard Schultz è una testimonianza di come la resilienza personale, la convinzione visionaria e l'esecuzione strategica possano trasformare un'idea semplice in un fenomeno globale, anche di fronte a ostacoli schiaccianti.
"L'umiltà derivante dal rifiuto, la vergogna provata da ragazzo povero che viveva nei quartieri popolari, tutto questo credo si sia cristallizzato in me... Ho sempre sentito di dover uscire da quella condizione di vita che mi impediva di raggiungere il livello che ritenevo di meritare." - Howard Schultz


